Fino alla fine del 1800 la sede del municipio del comune di Coli si trovava a Peli.
Peli era la frazione al centro del comune, quella più popolosa, sicuramente una delle più difficili da raggiungere ma, un tempo, le vie di comunicazione erano tutte ad alta quota, in cima alle montagne, perché le strade servivano all’economia del territorio.
Qui c’erano i mulini, il bestiame poteva godere di ricchi pascoli e naturalmente anche le colture si sviluppavano tutt’intorno insieme alle povere abitazioni che riparavano grandi famiglie. Questi, dunque, i motivi principali della scelta della sede del municipio in un luogo così complicato da raggiungere ma certamente una scelta supportata dai nobili Grassi, signori di Faraneto.
È probabile che, ai tempi, la chiesa di Peli fosse la cappella del Palazzo di Faraneto dal quale partiva un arduo sentiero che raggiungeva la chiesa situata sull’alto sperone di roccia che sovrastava il Palazzo.
Quando si comprese che la centralità di Peli risultava irrilevante se paragonata alla difficoltà di percorrenza delle strade, si optò, senza ulteriori indugi, per il trasferimento della sede municipale a Coli. Sarà nel 1808 che la vita sociale comincerà a risvegliare pure il fondo valle, grazie alla costruzione di una strada, voluta da Napoleone, che unirà Piacenza a Genova.
SAN MEDARDO DI PELI
Quasi sull’orlo di un precipizio, la bella chiesa di San Medardo si offre ai visitatori, incanta fotografi in ogni stagione. È stata costruita nel XII secolo e ricostruita nel XVII. Ha un’unica navata ed è sontuosamente decorata da stucchi e affreschi, ma è fragile ora e bisognosa di cure, lei che è stata il centro della Resistenza.
Qui, con la collaborazione del parroco don Giovanni Bruschi, si organizzarono infatti i primi partigiani piacentini guidati da Emilio Canzi.
San Medardo fu anche sicuro nascondiglio delle armi dei partigiani. Ezio Franchi ovvero “Emilio Canzi”, lo storico comandante delle forze partigiane del piacentino, combatté mille battaglie in Italia, Francia, Belgio, Spagna e Germania ma morì tragicamente in un banale incidente stradale. Il 6 novembre 1945 la sua moto urtò violentemente un’auto del comando alleato a Piacenza, tra via Venturini e via Beverora.