Ogni anno, il 20 agosto, un piccolo borgo nascosto tra le montagne della Val Boreca si risveglia per celebrare una delle tradizioni più antiche e sentite: la Festa di San Bernardo. Questa festa, dedicata al patrono delle genti di montagna, affonda le sue radici in una devozione secolare che ha attraversato generazioni, mantenendo vivo lo spirito della comunità, nonostante le sfide che il tempo ha imposto.
Per anni ho desiderato prendere parte a questa festa, affascinata dai racconti di chi aveva avuto la fortuna di viverla. Ogni descrizione ha sempre tracciato un quadro vivace di un borgo che, per un giorno, si anima di suoni, colori e tradizioni antiche, riportando in vita un passato che sembrava ormai dimenticato. Quest’anno, finalmente, ho avuto l’opportunità di essere lì ed è stata un’esperienza incredibilmente emozionante.
Renato e sua moglie Enrica mi hanno aiutata con i loro ricordi a capire la profondità e l’importanza di questa celebrazione per la comunità di Pizzonero.
L’Incontro con Renato Perri
Uno dei motivi che mi ha spinto a partecipare a questa festa è stato l’incontro, durante uno dei miei tanti giri in Val Boreca, con Renato Perri. Pur non essendo originario di Pizzonero, Renato è diventato una delle figure centrali nella vita di questo borgo e nella conservazione delle sue tradizioni. Nato in Calabria, si è trasferito a Genova da bambino, è stata poi sua moglie Enrica, originaria di Pizzonero, a farlo innamorare profondamente di questa terra isolata.
Il suo legame con la cultura e le tradizioni locali è sincero e profondo, così come lo è per gli altri organizzatori della Festa di San Bernardo, ovvero: Claudio Turri, Marco Sala e Andrea Bernizzoni. Sono loro quattro che ogni anno si impegnano ad organizzare questa festa che è un evento comunitario e, insieme, un modo per mantenere viva la memoria storica del borgo. Poi una mano la danno tutti gli abitanti perché tutti ci tengono alla riuscita dell’evento.
Le Radici della festa e la rinascita di Pizzonero
Negli anni ’60, Pizzonero fu completamente abbandonato a causa di una frana che inghiottì parte del paese. Pizzonero era stato un borgo vivo, con una scuola, un’osteria e ogni suo pezzo di terra era coltivato. Si allevavano mucche, capre e galline, si raccoglievano funghi che venivano fatti essiccare per l’inverno. Il paese era anche noto per il taglio del legno e per una cava di calce, la stessa usata per la costruzione delle case che ancora oggi vediamo così particolari.
Le poche case, disposte su terrazze scoscese, sembravano ormai destinate a scomparire insieme alla storia e alle tradizioni. Il lavoro scarseggiava e i pochi rimasti lasciarono queste terre per cercare più sicurezza nella città di Genova. Ma è difficile dimenticare le proprie origini, si torna sempre dove è rimasto un segno della propria famiglia perché fa piacevolmente palpitare il cuore. In alcuni è nato il desiderio di ripristinare ciò che era stato il borgo. Sono state le emozioni a far nascere l’impegno di rivivere il passato, anche per un solo giorno. E così la tradizione della Festa di San Bernardo è stata recuperata nel 1986, riportando vita e speranza a Pizzonero.
Enrica, moglie di Renato, racconta: «Mia cugina mi ha riferito che, al compimento dei 19 anni di suo figlio, ha voluto organizzare una festa per i coscritti, come si faceva una volta. Chiamò quindi Bani (Ettore Losini, famoso costruttore di pifferi della zona) con il suo piffero ed è stata la ripartenza della tradizione. Per un po’ di anni è venuto Bani, e ormai da 25 anni vengono Stefano Valla e Daniele Scurati».
L’Inizio della festa: la celebrazione religiosa e il viaggio dei suonatori
La giornata inizia con la celebrazione religiosa nel piccolo oratorio di San Bernardo che custodisce la devozione di questo borgo. Ma è nel pomeriggio che la festa prende davvero vita, quando i suonatori, armati di pifferi e fisarmoniche, iniziano il loro viaggio verso Pizzonero.
Verso le 16:00, i suonatori arrivano a Belnome, un altro piccolo borgo della valle. È da qui che partirà poi il percorso a piedi dei suonatori e del seguito, attraverso il bosco, alla volta di Pizzonero. Questo cammino riporta alla mente quando i suonatori erano accompagnati dai paesani lungo i sentieri montani, in un crescendo di musica e allegria. Intanto a Belnome, le note dei pifferi e delle fisarmoniche risuonano tra le vie del paese, accogliendo chiunque voglia unirsi alla festa. Gli abitanti, con generosità, offrono cibo e vino, e chi si trova lì può lasciarsi trasportare dal ritmo e ballare per le strade, proprio come si faceva un tempo.
Una volta, quando qualcuno voleva un “suonatore” per una festa al proprio paese, doveva andarlo a recuperare fisicamente, garantendo così il pagamento. Durante il tragitto, si attraversavano altri borghi. I suonatori portavano una nota di allegria, erano ovunque ben accolti e sempre veniva loro offerto cibo e bevande in cambio di un po’ di musica. Ora Stefano Valla e Daniele Scurati hanno ripreso questa tradizione, fermandosi nei paesi lungo il cammino per raccogliere e documentare canti e musiche tradizionali. Il percorso della festa in questione, sempre a piedi e attraverso il bosco, parte da Belnome per concludersi a Pizzonero.
La chiamata: un rito antico e profondo
A Belnome, i partecipanti alla festa hanno due opzioni: seguire i suonatori nel loro cammino fino a Pizzonero o, come abbiamo fatto noi, su consiglio di Renato, anticipare il gruppo e raggiungere Pizzonero prima dell’arrivo della musica, per assistere a uno dei momenti più suggestivi della festa: la chiamata.
La chiamata è un rito antico. Quando i suonatori stanno per uscire dal bosco e s’iniziano ad intravedere le sembianze di Pizzonero, in quel punto preciso, iniziano a chiamare a gran voce il paese e i suoi abitanti. Se gli abitanti rispondono, i suonatori possono avanzare suonando, fino ad entrare trionfalmente nel borgo. L’ingresso a Pizzonero è un momento carico di emozione: la musica si mescola ai sorrisi, agli abbracci e alla gioia di un paese che si ritrova, ancora una volta, nel pieno di una festa tanto desiderata. La gioia la si legge negli occhi di tutti, grandi e piccini, gente del luogo e amanti della valle. Gli organizzatori finalmente si scrollano di dosso la tensione accumulata fino a quel momento e sorridono, e sono pronti anch’essi a godere della musica, del buon cibo e del ballo.
Il cuore della festa e la danza attorno all’ippocastano
Il cuore della festa è indiscutibilmente il suono del piffero, strumento originario della zona, che risuona tra le case di Pizzonero come un richiamo alle radici più profonde della comunità. Stefano Valla, uno dei principali suonatori di piffero della zona, è legato a Pizzonero da una profonda amicizia e da un immenso amore per la tradizione. Ogni anno, sotto l’ippocastano, si ripete il rito del ballo sulla terra battuta, un’esperienza unica che riporta in vita danze antiche come la giga, l’alessandrina e la monferrina.
Le danze, che si svolgono su quella che è rimasta l’ultima pista di terra battuta, sono connessione con il passato e, per questo, la preparazione è così meticolosa: il terreno viene bagnato, pulito e preparato per accogliere i danzatori, un gesto che simboleggia la cura e il rispetto per le tradizioni che questa comunità ha scelto di mantenere vive.
La conclusione delle danze e il ritorno a Belnome
La festa si conclude a notte fonda. Quando i pifferi e le fisarmoniche tacciono, i suonatori e gli accompagnatori iniziano il loro ritorno a Belnome. Attraverso il sentiero nel bosco, torce in mano, il viaggio di ritorno è un atto simbolico e, insieme, un ritorno alla realtà, dopo una giornata passata a sostenere la tradizione.
Una tradizione che riporta a tempi lontani quando la mamma di Enrica e la cugina Luciana smettevano di lavorare in campagna. Allegramente infilavano le scarpette per ballare nello zaino e correvano al paese. Ballavano tutta la notte e, terminate le danze, a notte fonda, infilavano gli scarponcini per rientrare a casa. Era una vita difficile la loro, ma la gioia che provavano nel ballo ripagava tutti i sacrifici.
Le sfide dell’organizzazione: il lavoro dietro le quinte
Organizzare la festa di San Bernardo non è affatto semplice. Gli organizzatori, insieme a tutti gli abitanti, affrontano ogni anno numerose sfide per mantenere viva questa tradizione. «Quest’anno, ad esempio, una delle cose più onerose dal punto di vista fisico è stato il montaggio dei teloni all’ippocastano», racconta Renato. «Sono due teloni tagliati su misura che sono decisamente pesanti, e ci siamo davvero massacrati. Eravamo in quattro ci ha aiutato anche l’amico Alberto Fogliazza. Ma bisognerebbe essere in cinque o sei. Purtroppo i numeri sono questi e ce la dobbiamo fare».
La preparazione del paese per la festa richiede impegno e dedizione: dal taglio dell’erba alla pulizia del paese, ogni dettaglio viene curato con attenzione. Il pomeriggio del 19 agosto, alla vigilia della festa, gli organizzatori tagliano le frasche di nocciolo per decorare il perimetro della piazza, e montano i “frexetti”, i festoni che aggiungono un tocco di colore al borgo. Tutti collaborano nella decorazione.
Il significato della festa per la comunità
Per la comunità di Pizzonero, la Festa di San Bernardo è molto più di una semplice celebrazione: è un’occasione per ritrovarsi, per rivivere ricordi e per sentire ancora una volta il calore di una comunità che ritorna a ballare sotto l’ippocastano. Non è solo una festa, ma un vero e proprio viaggio alle radici di un borgo che, seppur piccolo e spesso dimenticato, racchiude un immenso patrimonio culturale e affettivo.
La gente che ha le sue radici qui si emoziona ogni volta per questo evento. Si lascia trasportare indietro nel tempo e si lascia ammaliare dal potere di una festa che ripropone la tradizione e mantiene viva anche la memoria di coloro che se ne sono andati. Rodolfo, il suocero di Renato, che si era innamorato di Maria Rina proprio ad una festa, era un “canterino” di Barchi, era un appassionato di musica tradizionale e cantava insieme a Stefano Valla, il pifferaio della festa.
La pandemia di Covid-19 ha costretto la comunità a sospendere la festa e, durante questo periodo di difficoltà generale, Rodolfo è mancato. La sua assenza ha lasciato un vuoto profondo nella festa, tanto che lo scorso anno, quando finalmente si è potuta riprendere la celebrazione, Stefano Valla gli ha dedicato una canzone. «Quando Stefano è venuto l’anno scorso», ricorda Renato, «ha voluto dedicare una canzone a mio suocero. È stato un momento davvero impegnativo a livello emotivo. Vedere Stefano suonare con tanta passione, sapendo quanto mio suocero amava quella musica, mi ha toccato profondamente».
Tra i ricordi di Renato anche quello della suocera Maria Rina. «L’ultimo tratto del sentiero per Pizzonero», dice Renato, «è particolarmente emozionante. In quei momenti, i suonatori iniziano a chiamare gli abitanti e, se i secondi rispondono, i primi possono raggiungere il paese suonando. Ogni volta che vedo i suonatori sbucare da quella salita, mi sembra di rivedere mia suocera lì, affacciata alla finestra, con il sorriso sulle labbra e gli occhi che brillano. Sono immagini che ho nel cuore e che rivivo ogni anno durante la festa».
Questi racconti evidenziano quanto la Festa di San Bernardo sia radicata nella storia personale delle famiglie di Pizzonero. Per Renato e per gli altri abitanti la festa non è solo un evento sociale, ma un momento di riflessione, di ricordi, un’opportunità per onorare il passato e per trasmettere alle nuove generazioni l’importanza delle tradizioni. E c’è un legame indiscutibile tra la musica e i ricordi della comunità.
Un invito a rivivere la tradizione
Partecipare alla Festa di San Bernardo a Pizzonero è un’esperienza che va oltre la semplice partecipazione a un evento: è un viaggio nel tempo, un’immersione in una cultura che resiste al passare degli anni. Ogni anno, il 20 agosto, il borgo si anima di vita, suoni e colori, riportando alla luce tradizioni che continuano a unire la comunità e a rafforzare il legame con le proprie radici.
Per gli organizzatori, questa festa rappresenta una parte fondamentale della loro vita e di quella delle loro famiglie, compresi i più piccoli.
Questa continuità, questa passione trasmessa di generazione in generazione è ciò che mantiene viva la tradizione. Si nutre la speranza che le nuove generazioni possano continuare a portare avanti questa celebrazione, non solo per onorare il passato, ma per garantire alla comunità di Pizzonero di rimanere viva e vibrante anche in futuro.
Ti invito a scoprire Pizzonero il prossimo 20 agosto, a percorrere i sentieri che conducono a questo borgo, a lasciarti trasportare dalle note del piffero e della fisarmonica e soprattutto dalla magia di una festa che celebra la vita, la comunità e le tradizioni. È un’esperienza che ti resterà nel cuore, come un ricordo prezioso di un tempo che, in questo angolo remoto della Val Boreca, non ha mai smesso di esistere.