6 ottobre 1956, la sciagura del Boffalora

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Dove ora c’è una stele a memoria, quel lontano 6 ottobre, accadeva un drammatico incidente.

A quei tempi, i giovani partivano per la campagna del taglio del riso. Andavano nelle cascine del vercellese con l’idea di tornare con qualche soldo in tasca e un po’ di riso che sarebbe servito a variare i pasti invernali della loro famiglia, altrimenti sempre uguali.

Solitamente viaggiavano su vecchi camion, ma stavolta erano fortunati: il camion era nuovo, ci avrebbero impiegato meno tempo, sarebbero stati più comodi sotto al telone, dietro alla cabina, insieme ai loro miseri bagagli.
Al raduno, fissato a Ruffinati, mancava una ragazza di 16 anni. Peggio per lei, il camion doveva partire subito. Dapprima furibonda per essere stata lasciata a casa, la sedicenne saprà presto di dover ringraziare il Cielo fino alla fine dei suoi giorni.

Sembra che, all’osteria di San Salvatore, l’autista e il proprietario del camion non abbiano potuto resistere a godere di qualche buon bicchiere di vino. Così, si era fatto tardi e l’autista, per recuperare il tempo perso, schiacciava un po’ troppo l’acceleratore.

I tagliariso avevano intonato un canto per scacciare i pensieri e rallegrare il viaggio.
Ben presto questo canto di trasformava però in un coro di terrore. Avevano capito in fretta. Dopo qualche colpo violento, stavano precipitando nel vuoto. Un volo di 50 metri durante il quale tutti venivano sbalzati fuori dall’automezzo. Solo il proprietario del camion, prigioniero delle lamiere contorte del mezzo, spariva nelle acque del Trebbia.

I soccorritori, tanti, arrivati da ogni luogo, non potevano che costatare la grave sciagura, portare i feriti negli ospedali di Bobbio e Piacenza e allineare le 12 vittime.