Non ci sono dubbi, farci un giro è sempre gratificante. Sarà l’aria che si respira, sarà il silenzio che la circonda, sarà l’energia positiva di cui parla qualcuno, ma è certo che fare una passeggiata alla Perduca fa bene. E’ uno spettacolo naturale quello che appare ai nostri occhi arrivando da Travo, via Donceto oppure via Bobbiano. L’ultimo tratto è preferibile percorrerlo a piedi, per vivere al meglio il panorama, ascoltare i suoni della natura e per il piacere di calpestare le orme di chi ci ha preceduto nei tempi.
Ecco le due Pietre: la Parcellara più imponente e un po’ austera, la Perduca, più piccola ( 659 m.), sembra quasi mostrare un po’ di timidezza al cospetto della maggiore. La Perduca, in compenso, si tiene stretta la chiesetta incastonata in una piega del suo mantello. Nel paesaggio lussureggiante dei colli circostanti, queste pietre spoglie e rocciose somigliano a due scogli, sembrano quasi fuori luogo. E invece sono perfettamente legate al territorio, parecchio calpestate, molto amate.
La Pietra Perduca è in ofiolite di serpentino nero che pare essere un minerale energetico. Dagli Assiri della Mesopotamia, nel 4000 a.C., l’ofiolite veniva usata come talismano benefico a protezione delle potenze demoniache e come difensore dell’ energia vitale. La Perduca sembra essere una parte del mantello terrestre affiorato durante le eruzioni vulcaniche, circa 250 milioni di anni fa. Sulla sua sommità ci sono due vasche chiamate “letti dei santi” risalenti, pare, all’età del bronzo; sono le vasche che ospitano i tritoni, dove l’acqua sembra non evaporare d’estate, non ghiacciare in inverno e mantenuta pura dalle piante acquatiche.
Gli storici ci hanno raccontato che, nei secoli passati, in questo luogo si sarebbero svolti rituali celtici dedicati al dio Penn. Nella roccia si possono ancora osservare piccole nicchie, a forma circolare, servite ad accogliere le coppe d’olio combustibile impiegate nelle cerimonie notturne.
Le leggende ci raccontano pure che nelle acque delle vasche i sacerdoti druidi immergevano le donne per purificarle e renderle più feconde.
Pare strano, ma vero è che l’oratorio è dedicato a Sant’Anna che, nella tradizione cristiana, era la moglie di Gioacchino e considerata sterile, ma concepì, molto avanti negli anni, la Vergine Maria. Altrettanto vero è che una signora che ha superato i 90 anni, nata e vissuta al Montà, mi ha raccontato che dopo aver partorito (nel 1951) si è dovuta recare alla chiesetta di Sant’Anna per essere riammessa al culto. Praticamente doveva essere purificata. Il prete l’ha accolta all’ingresso della chiesa, le ha consegnato un cero, le ha impartito una benedizione particolare, quella che si usava in quei tempi per le donne che avevano partorito. Non avevo mai sentito nulla di simile, non l’ho trovato scritto, ma questa signora me l’ha raccontato più volte. Il sacro e il profano sembrano qui darsi la mano un’altra volta. Se i druidi purificavano le loro donne nelle vasche, 70 anni fa i preti cristiani le purificavano dopo il parto con acqua benedetta.
Il dio Penn è un’antica divinità di origine celtica, adorata in vari luoghi italiani. Da lui sarebbero derivati i nomi di tante località anche nel piacentino, come il monte Penna, il monte Penice e avrebbe addirittura dato il nome agli Appennini. L’espansione romana ha liquidato poi la religione celtica e Penn si è trasformato in Giove Pennino. La discesa di Carlo Magno ha definitivamente soppresso la pratica di adorazione degli dei, sia celtici che romani. Da questo momento in poi si sarebbe potuto praticare solo il culto cristiano.
Se tante sono le leggende legate a questo luogo, chi è appassionato di misteri ed è conoscitore della materia ci dice che questo luogo è pure un rifugio di energia positiva e le vecchie leggende hanno assunto oggi aspetti ufologici.
L’architrave della porta d’ingresso dell’oratorio di Sant’Anna è una pietra rettangolare, con scritte in latino e lettere, forse, dell’alfabeto celtico, il tutto però non sembra decifrabile. La leggenda del santuario narra anche di una mistica reliquia : pare che, al suo interno, sia conservata una pietra con l’impronta del passo della Vergine Maria.
Si passa da una leggenda profana a una sacra, ma rimane il fatto che, nella realtà, ogni volta che si raggiunge la Pietra Perduca s’incontra qualcuno: chi sale sulla sommità per guardare il panorama, per scattare una foto, per scrutare i tritoni, chi viene a scalare la Pietra per la via chiodata, chi viene a fare un picnic o semplicemente per camminare in po’ in questa atmosfera particolare.
Nel periodo estivo, ogni anno, in uno spiazzo adiacente e attrezzato, prende il via una festa che si protrae per qualche giorno.
Nell’occasione viene aperta la chiesa per le funzioni religiose in onore di Sant’Anna; stands gastronomici offrono, fino a notte, piatti tipici. Da qualche anno, la rassegna Summertime Jazz organizza un pomeriggio Jazz ai piedi della Pietra Perduca. Qui i musicisti danno sfogo alla loro arte ai piedi della scalinata che conduce alla chiesa, la gente prende posto sulla gradinata, sulla pietra, dove capita. Il suono del jazz si diffonde intorno quasi a garantire divertimento non solo agli amanti di questo stile musicale ma anche all’aria che si porta via le note.
COME RAGGIUNGERE LA PIETRA PERDUCA
Avete due soluzioni per raggiungere la Pietra Perduca.
La prima: prendendo la strada che da Travo va alla Pietra Parcellara. Appena prima del paese Pietra, troverete un sentiero ben indicato. Potete parcheggiare l’auto nei pressi del cartello che indica il sentiero oppure poco più avanti e procedere a piedi.
La seconda: da Travo proseguire per Donceto e poi raggiungere il Corbellino.
Da lì potete arrivare in auto in località Montà e proseguire a piedi per raggiungere la Pietra.