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Da Bobbio, salendo verso il Passo Penice (strada provinciale 461), si arriva ad un bivio dove un cartello indica la direzione per Ceci.  E’ una strada non troppo larga, una curva dopo l’altra, sempre in salita per arrivare a 880 metri di altitudine in una decina di chilometri.

L’abitato non è piccolo, è costituito da varie località (Case di Qua, Case di Sopra, Case di Sotto, Case di La’, La Chiesa) cresciute in più punti della montagna. Era sicuramente un paese agricolo, lo dimostrano le numerose cascine con tanto di portici e stalle oggi in disuso.

Se qui vivevano poco meno di 300 persone, ora, in inverno, gli abitanti si contano sulle dita di una mano e lamentano che non c’è più nulla. Non c’è un luogo dove ci si possa incontrare, bere un caffè, fare qualche chiacchiera. La poca gente che si incontra è gentile e parla volentieri. C’è chi abita nel pavese, non troppo lontano, e torna per il fine settimana in quella casa mai abbandonata, alla quale è legato, è evidente.

Sono un ricordo le osterie, la scuola, il negozio di generi alimentari, la tabaccheria, come sono un ricordo le serate passate a giocare a carte davanti ad un buon bicchiere di vino che rallegrava i cuori e liberava canti, sì, perché una volta, in questi paesi di montagna, la gente semplice era abile nei lavori pesanti ma sapeva anche cantare alla vita.

Al centro del paese, stretta tra le case, sorge la Chiesa di San Policarpo documentata nel 1153 e rimaneggiata più volte. Poco prima di Natale l’abbiamo trovata aperta. Alcuni abitanti stavano preparando il presepe.

Nonostante se ne siano andati via in tanti, questo non è un paese abbandonato, le case sono tutte ben curate e in estate tornano i figli e anche i nipoti a rigenerarsi lontano dal caos delle città.

Intorno al paese è pineta, per passeggiate in estate e per lo sci di fondo in inverno.